DUE RISULTATI DIVERSI DELL’ALCOL TEST, REATO MENO GRAVE

Ora che ci si accinge ad andare in vacanza, purtroppo, è possibile che alcuni cittadini siano incappati in uno dei reati più contestati, soprattutto d’estate: la guida in stato di ebbrezza.
C’è, su questo tema, una sorta di convinzione popolare che dice “se il secondo risultato dell’alcooltest è più alto vale il secondo”; ebbene, in realtà non è così.
L’art. 379 del regolamento di esecuzione del Codice della strada richiede due misurazioni concordanti a distanza di cinque minuti per accertare lo stato di alterazione psicofisica.
Da ciò discende il fatto che, ad esempio, se vi fosse una prima misurazione che dia come risultato 1,30 ed una seconda con risultato 1,52, allora il trattamento sanzionatorio da applicare è l’art. 186 del Codice della Strada lettera b) e non , come erronemanete si pensa, la lettera c), le cui pene (arresto, sospensione della patenete e confisca veicolo) sono molto più gravi.
A stabilirlo, in più occasioni, è la Corte di Cassazione, la quale, applicando correttamente la norma di riferimento (due misurazioni concordanti), applica oltretutto il cosiddetto principio del “favor rei” (a favore al reo, letteralemente).
Questo principio, valido per tutto il diritto penale, impone che nel caso in cui vi sia un dubbio sulla applicazione di una norma o l’interpretazione della norma, allora si deve applicare quella più favorevole all’imputato.
Pertanto, riformuliamo la frase: “se il secondo risultato dell’alcooltest è più alto, vale solo se è concordante con il primo”.
“Questa Corte ha già affrontato il problema, osservando (ex multis, Sez. 4, sent. n. 27954 del 07/06/2012, Agostini, Rv. 253838; Sez. 4, sent. n. 7368 del 06/02/2014, Rv. 259329) che a norma dell’art. 379 reg. att. C.d.S., comma 2, la concentrazione necessaria per ritenere sussistente lo stato di ebbrezza deve risultare da almeno due determinazioni concordanti effettuate ad un intervallo di tempo di cinque minuti. Non è possibile dunque ritenere la sussistenza di una delle specifiche fattispecie attualmente previste all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a), b) e c) se non in presenza di due risultati rientranti nelle fasce rispettivamente previste. Una diversa interpretazione sarebbe, oltre che in contrasto con il tenore letterale della disposizione, in evidente contrasto con il principio del favor rei. Non vi è ragione per discostarsi da tale orientamento” (Cassazione penale sez. IV – 15/05/2018, n. 37112).
