Cenni alla coltivazione “legale”

Negli ultimi si può dire che i lungimiranti giudici della Cassazione, sempre più, finiscano per assolvere gli imputati accusati di coltivazione di sostanze stupefacenti leggere (del tipo “marijuana”) al ricorrere di alcuni presupposti.

A differenza quindi della Corte Costituzionale che, a quanto pare esce poco dalla propria aula per comprendere quanto il tema della “legalizzazione” meritasse eccome un dibattito pubblico (magari avrebbe portato al rigetto popolare di tale scelta, ma era un tema che meritava un serio dibattito), la Cassazione, molto più lungimirante, individua alcuni elementi idonei a portare ad una assoluzione per il reato: coltivazione “domestica”, esiguo numero di piante, sostanza drogante con principio basso e finalità terapeutica e non di spaccio.

Ciò non significa che sia consigliato o consigliabile, tutt’altro, ma è volontà di chi vi scrive ricordare che il diritto dovrebbe seguire il progredire del sentire sociale e, di certo, la coscienza sociale può dirsi decisamente mutata in tema di assunzione ad uso personale o ludico delle sostanze stupefacenti di natura “leggera”.

Una recente sentenza, infatti, descrive con precisione i limiti, diciamo, consentiti, affinché quantomeno non si figuri il grave reato di coltivazione di per sé considerato, stabilendo che “un’attività non abituale di coltivazione, intrapresa dall’imputato in forme del tutto rudimentali e per fini personali su due vasi collocati in un balcone della propria abitazione peraltro ben visibile dalla locale Stazione dei Carabinieri, con un numero davvero esiguo di piante ed un modesto quantitativo di principio attivo da esse complessivamente ricavabile, deve ritenersi che la fattispecie in esame, anche inconsiderazione della ragionevole destinazione del raccolto ad un uso personale terapeutico e della totale assenza di elementi sintomatici sia dell’inserimento dell’imputato in un mercato illegale, che della predisposizione di particolari cautele per aumentare la produzione, debba correttamente inquadrarsi nell’ambito di un’attività svolta in forma meramente domestica e, come tale, penalmente irrilevante“.

Al netto della singolare scelta di coltivare nel balcone di Fronte alle Forze dell’Ordine, è sicuramente un’ulteriore sentenza che si inserisce in quella scia che vede sempre con minor rigore, giuridico almeno, la coltivazione, purché posta in essere con le modalità appena descritte.

(Cassazione penale, Sez. VI, 03/12/2021, (ud. 03/12/2021, dep. 20/01/2022), n. 2388)